La vita è bella

8,4

1997

Regia: R.Benigni

Genere: Drammatico

CAST

Roberto Benigni

Nicoletta Braschi

Giustino Durano

Giuliana Lojodice

Sergio Bustric

Marisa Paredes

Giorgio Cantarini

Horst Buchholz

Lydia Alfonsi

Amerigo Fontani

Raffaella Lebboroni

Andrea Nardi

Francesco Guzzo

Franco Mescolini

Giovanna Villa

Nino Prester

Giancarlo Cosentino

Carlotta Mangione

Gina Rovere

Francesca Messinese

Massimo Salvianti

Hannes Hellmann

Gil Baroni

Claudio Alfonsi

Alessandra Grassi

Pietro De Silva



LA VITA È BELLA
Anno 1997
Altri titoli Life is beautiful
Durata 110
Origine ITALIA
Colore C
Genere DRAMMATICO
Produzione MELAMPO CINEMATOGRAFICA
Distribuzione CECCHI GORI DISTRIBUZIONE - CECCHI GORI HOME VIDEO
Regia
Roberto Benigni
Attori
Roberto Benigni Guido
Nicoletta Braschi Dora
Giustino Durano Zio Eliseo
Giuliana Lojodice Direttrice didattica
Sergio Bustric Ferruccio
Marisa Paredes Laura
Giorgio Cantarini Giosue'
Horst Buchholz Dottor Lessing
Lydia Alfonsi Guicciardini
Amerigo Fontani Rodolfo
Raffaella Lebboroni Elena
Andrea Nardi Tappezziere
Pietro De Silva Bartolomeo
Francesco Guzzo Vittorino
Franco Mescolini Ispettore P.I.
Giovanna Villa Segretaria del comune
Nino Prester Bruno
Giancarlo Cosentino Cameriere Ernesto
Carlotta Mangione Eleonora
Gina Rovere Giorgia
Francesca Messinese Signora opera
Massimo Salvianti Poliziotto cartolibreria
Hannes Hellmann Caporale tedesco
Gil Baroni Prefetto
Claudio Alfonsi Amico Rodolfo
Alessandra Grassi Maestra
Soggetto
Roberto Benigni
Vincenzo Cerami
Sceneggiatura
Roberto Benigni
Vincenzo Cerami
Fotografia
Tonino Delli Colli
Musiche
Nicola Piovani
Montaggio
Simona Paggi
Scenografia
Danilo Donati
Costumi
Danilo Donati
Effetti
Giovanni Corridori
Trama Verso la fine degli anni Trenta in Toscana, due giovanottelli lasciano la campagna per trasferirsi in città. Guido, il più vivace, vuole aprire una libreria nel centro storico, l'altro Ferruccio fa il tappezziere ma si diletta a scrivere versi comici e irriverenti. In attesa di realizzare le loro speranze, il primo trova lavoro come cameriere al Grand Hotel, e il secondo si arrangia come commesso in un negozio di stoffe. Camminando, Guido si innamora di una maestrina, Dora, e, per conquistarla inventa l'impossibile. Le appare continuamente davanti, si traveste da ispettore di scuola, la rapisce con la Balilla. Ma Dora si deve sposare con un vecchio compagno di scuola, e tuttavia non è soddisfatta perché vede molto cambiato il carattere dell'uomo. Quando al Grand Hotel viene annunciato il matrimonio, Guido irrompe nella sala in groppa ad una puledro e porta via Dora. Si sposano ed hanno un bambino, Giosuè. Arrivano le leggi razziali, arriva la guerra. Guido, di religione ebraica, viene deportato insieme al figlioletto. Dora va da un'altra parte. Nel campo di concentramento, per tenere il figlio al riparo dai crimini che vengono perpetrati, Guido fa credere che loro fanno parte di un gioco a punti, in cui bisogna superare delle prove per vincere. Così va avanti, fino al giorno in cui Guido viene allontanato ed eliminato. Ma la guerra nel frattempo è finita, Giosuè esce, incontra la madre e le va incontro contento, dicendo "abbiamo vinto".
Note - REVISIONE MINISTERO DICEMBRE 1997.
- TRE OSCAR 1999: MIGLIOR FILM STRANIERO, MIGLIORE COLONNA SONORA DRAMMATICA, MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA (ROBERTO BENIGNI).
- 8 PREMI DAVID 1998: MIGLIOR FILM, MIGLIORE ATTORE (ROBERTO BENIGNI) MIGLIORE SCENEGGIATURA (CERAMI-BENIGNI), MIGLIORE REGISTA (ROBERTO BENIGNI), MIGLIORE PRODUTTORE (GIANLUIGI BRASCHI ED ELDA FERRI), MIGLIORE FOTOGRAFIA (TONINO DELLI COLLI), MIGLIORE COSTUMISTA E MIGLIORE SCENOGRAFO (DANILO DONATI), PREMIO DAVID SCUOLA.
Critica "La novità di 'La vita è bella' è l'esplosione di un talento recitativo che finora non si era palesato in tutto il suo fulgore. È vero che il copione scritto con Vincenzo Cerami ardisce e non ordisce, nel senso che sbilancia alla maniera dell'ultimo Chaplin la farsa verso il cinema di idee; ed è vero che Benigni regista rivela un'inedita autorevolezza anche nell'avvalersi degli apporti sapienti (per citare solo tre nomi) di Danilo Donati, scenografo, Tonino Delli Colli, operatore e Nicola Piovani, musicista. Il tentativo, invero, acrobatico, è di coniugare il frù frù di Lubitsch che percorre la prima parte (magari con l'occhio al grottesco antinazista 'Vogliamo vivere') con la spoglia eloquenza di Rossellini nella raffigurazione del lager: ma cuciti insieme dal filo rosso di una follia tutta benignesca, magari corroborata dall'attraversamento dell'universo di Fellini (...).Peccato che l'impaginazione del film, lodevolmente asciutta, sacrifichi un po' i personaggi minori. Tuttavia ciò che tiene insieme "La vita è bella", lo giustifica e ne esalta la qualità poetica è la presenza scoppiettante e ispirata del protagonista: romanticamente buffo nei colloqui con la "principessa" Nicoletta Braschi al suono della 'Barcarola' di Hoffmann, paternamente protettivo nel duetto con il piccolo Giorgio Cantarini. Nel quale trova finalmente un senso l'ormai vetusto slogan sessantottino L'immaginazione al potere". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 19 dicembre 1997)
"La vita è bella, quinto film e mezzo del nostro Charlot Benigni in veste di regista, non è un 'bel' film. Ma è un film - appassionato, divertente, commovente, sincero - con una qualità rara nel cinema di oggi: ha un'anima. E ha un'idea fortissima che porta avanti di slancio e nobilmente la sua storia qualche volta stiracchiata e ansimante: la vita è fantasia, per sopravvivere ci vogliono fantasia e amore (...). Il nostro Charlot di Vergaio aspira forse a fare troppo. Ma ha fatto tantissimo. Sulla scorta della sceneggiatura scritta con il suo abituale e abilissimo complice Vincenzo Cerami ha costruito un personaggio e un apologo che sarà difficile dimenticare: la maschera tragicomica di un giusto alle prese con l'indicibile orrore dell'olocausto che si ribella, appunto, non dicendolo, non riconoscendolo, non dandogli l'importanza attribuitagli dal persecutore". (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 18 dicembre 1997)
"Benigni vince la scommessa del tragicomico, con una sceneggiatura elaboratissima e sottile, con un lungo incipit disseminato di segnali fastidiosi e inquietanti, con la sua recitazione sempre un po' straniata, sperduta, sorpresa (ma che altra reazione può avere uno, davanti alla sola idea del massacro di una razza?), e con quella del bambino, che sta sempre in bilico tra la paura e l'eccitazione del gioco, tra la fiducia nel babbo (che ostinatamente ride) e la sensazione che, invece, qualcosa non funzioni. E, in almeno due scene, piega alla tragedia la sua genialità monologante: la finta, disperata traduzione dal tedesco, all'arrivo nel campo, quando trasforma le regole della sopravvivenza in quelle del gioco, e, prima, nella scuola, l'illustrazione del manifesto della razza ariana, per la quale prende a prestito particolari anatomici della propria, inarrivabile bellezza. Un film che lascia il segno". (Emanuela Martini, 'Film Tv', 1 gennaio 1998)