Mi manda Picone

6,8

1983

Regia: N.Loy

Genere: Commedia

CAST

Armando Marra

Ciro Discolo

Carmine Faraco

Giulio Farnese

Giancarlo Giannini

Carlo Croccolo

Leo Gullotta

Gerardo Scala

Nino Prester

Clelia Rondinella

Lina Sastri

Fiorenzo Serra

Carlo Taranto

Massimo Ziti

Marzio Onorato

Aldo Giuffré

Lunetta Savino

Vittorio De Bisogno

Nicola Di Pinto



MI MANDA PICONE
Anno 1983
Durata 120
Origine ITALIA
Colore C
Genere COMMEDIA
Specifiche tecniche PANORAMICO A COLORI
Produzione AMA FILM MEDUSA DISTRIBUZIONE RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA
Distribuzione MEDUSA DISTRIBUZIONE (1984) - FONIT CETRA VIDEO, NUOVA ERI
Regia
Nanni Loy
Attori
Armando Marra Troncone
Vittorio De Bisogno
Ciro Discolo
Carmine Faraco
Giulio Farnese
Giancarlo Giannini Salvatore
Carlo Croccolo Barone Amato
Leo Gullotta Sgueglia
Gerardo Scala Il Cieco Gennaro
Nino Prester
Clelia Rondinella Teresa
Lina Sastri Luciella
Fiorenzo Serra
Carlo Taranto Gallina
Massimo Ziti
Nicola Di Pinto Cametta
Marzio Onorato Micione
Aldo Giuffré Coco'
Lunetta Savino
Soggetto
Nanni Loy
Sceneggiatura
Elvio Porta
Nanni Loy
Fotografia
Claudio Cirillo
Musiche
Tullio De Piscopo
Montaggio
Franco Fraticelli
Scenografia
Elena Poccetto Ricci
Trama Nella sala del consiglio comunale di Napoli, un operaio in tuta dell'Italsider, dichiarandosi minacciato di licenziamento, si dà fuoco. Un'ambulanza se lo porta via, ma nessun ospedale, né clinica né obitorio riceve il cadavere. La moglie dello scomparso, Luciella Picone si affida ad un piccolo debitore del defunto, che "tiene un posto" appunto all'obitorio, il buon Salvatore, uomo dei piccoli espedienti e genio della sopravvivenza. Ma il cadavere non c'è; né altro che sia adeguato, per ustioni e credibilità, Salvatore riesce a trovare. Egli comincia anzi a dubitare che Picone sia addirittura esistito quando la direzione del personale dell'Italsider gli comunica che nessuna liquidazione può spettare a Luciella per un dipendente che non risulta sul libro paga. Picone un metalmeccanico di Bagnoli? e perché no una onesta "tuta di copertura" per un attivo boss della camorra, certo di mezza tacca, implicato nei mille rivoli malavitosi e fatto destramente sparire, dopo la sceneggiata al Maschio Angioino? Salvatore prende una grossa agenda dello scomparso e, compulsando nomi e telefoni, comincia a contattare mezza città, dicendo soltanto che "lo manda Picone". Nelle mani dell'esterefatto navigatore del piccolo cabotaggio delle mille lire quotidiane, cominciano subito a piovere le cento, le cinquecento mila lire: tangenti di ogni entità, relative a rackets di ogni più illecita natura. Salvatore fa presto ad adeguarsi: si fa grintoso, si presenta, esige e incassa. Egli si installa, inoltre, nella troppo bella casa del fantomatico Picone, tallonato dalla più che appetitosa moglie (che ne reclama o il cadavere, o la dichiarazione di morte presunta) e ben accetto agli affettuosi due figli. E comincia così per lui sostanzialmente onesto, una perigliosa discesa nei gironi della malavita e del vizio organizzato, i cui sbarramenti misteriosamente cedono, sol che Salvatore pronunci le magiche parole. Una prostituta gli dà, infine, un indirizzo di Marechiaro: un recapito dove pare che a volte si recasse il molto improbabile meccanico. Salvatore trova una grotta, viene pilotato in gommone nelle fogne, riceve una partita di droga (per lui c'è un milione, che egli però sdegnosamente rifiuta); riemerge all'aperto (vedi caso, in uno spiazzo dell'Italsider) e torna alla casa di Luciella, giusto in tempo per assistere al decoroso funerale che la donna ha voluto comunque fare, tra lavoratori in tuta e lamentazioni condominiali. Ma a questo punto Salvatore crolla, anche perché nella sua discesa sotto Posillipo gli hanno dato una tuta piconiana e lui scopre che essa è di amianto. Picone dunque non arse, Picone fu fatto fuggire per essere poi eliminato da gente più importante... Ma un Picone è in conclusione, mai esistito veramente? Un'ambulanza si porta via il frastornato Salvatore, ma questa volta Luciella, correndo come una pazza, riesce a farsi imbarcare anche lei. Uno spiraglio di speranza? una ricompensa ai rispettivi e sin qui contenuti ardori? Tutto è possibile, in un quadro di "napoletanità", in cui il sembrare ha la meglio sull'essere, ed arte somma, necessaria ed indiscussa pare il sopravvivere più che il vivere: sempre, si capisce, volendosi bene.
Note DAVID DI DONATELLO 1984 PER: MIGLIOR ATTORE (GIANCARLO GIANNINI), MIGLIORE ATTRICE (LINA SASTRI), MIGLIORE PRODUZIONE (GIANNI MINERVINI).
Critica Le atmosfere sono simili a quelle dei romanzi di Veraldi, ma il film è girato con la durezza di Piscicelli, la dolcezza di Eduardo e la simpatia di Troisi. Ne esce un prodotto calibrato al punto giusto, filante e senza sbavature, a volte addirittura sorprendente per sveltezza di tempi e di stacchi. Un dignitosissimo esempio di cinema medio all'italiana (Segnocinema). Sovraccarico di motivi e di figure, nemmeno chiarissimo nel finale, ma vibrante come un appassionato paradosso, gremito di sapori amari e di gags gioconde, sempre in azione, "Mi manda Picone" è un film bene in bilico fra sdegno e ironia. (G.Grazzini - Cinema '84).