The Village

6,5

2004

Regia: M.N.Shyamalan

Genere: Fantasia

Genere: Thriller

CAST

Joaquin Phoenix

William Hurt

Sigourney Weaver

Adrien Brody

Judy Greer

Brendan Gleeson

Michael Pitt

Terry Notary

Joanna Reiner

Liz Stauber

Jayne Atkinson

Frank Collison

Lee Burkett

Jordan Burt

David Foster

Cherry Jones

Celia Weston

Fran Kranz

Jesse Eisenberg

Aaron Fiore

Bryce Dallas Howard



THE VILLAGE
Anno 2004
Altri titoli M. Night Shyamalan's The Village
The Woods
Grey
Durata 107
Origine USA
Colore C
Genere THRILLER
Produzione SAM MERCER E M. NIGHT SHYAMALAN PER TOUCHSTONE PICTURES E SCOTT RUDIN PRODUCTIONS
Distribuzione BUENA VISTA INTERNATIONAL ITALIA
Data uscita 29-10-2004
Regia
M. Night Shyamalan
Attori
Joaquin Phoenix Lucius Hunt
Bryce Dallas Howard Ivy Walker
William Hurt Edward Walker
Sigourney Weaver Alice Hunt
Adrien Brody Noah Percy
Judy Greer Kitty Walker
Brendan Gleeson August Nicholson
Michael Pitt Finton Coin
Terry Notary Figura oscura
Joanna Reiner Ballerina
Liz Stauber Beatrice
Jayne Atkinson Sig.ra Walker
Frank Collison Victor
Lee Burkett Anziano del villaggio
Jordan Burt Philip, un bambino
David Foster Anziano del villaggio
Cherry Jones Signora Clack
Celia Weston Vivian Percy
Fran Kranz Christop Crane
Jesse Eisenberg Jamison
Aaron Fiore
Soggetto
M. Night Shyamalan
Sceneggiatura
M. Night Shyamalan
Fotografia
Roger Deakins
Musiche
James Newton Howard
Montaggio
Christopher Tellefsen
Scenografia
Tom Foden
Costumi
Ann Roth
Effetti
Steve Cremin
David Blitstein
Trama Covington è un piccolo villaggio della Pennsylvania che conta circa 60 abitanti che vivono, apparentemente, in un clima tranquillo e felice. Ma nessuno di loro si allontana mai dal villaggio e tantomeno si addentra nella vicina foresta, in cui, secondo antiche credenze, abitano delle 'mitiche creature' sconosciute. Ma Lucius, un giovane coraggioso, decide che è tempo di sfatare il mito...
Note - CANDIDATO ALL'OSCAR 2005 PER LA MIGLIOR COLONNA SONORA (JAMES NEWTON HOWARD).
Critica "Più che un film di paura, 'The Village' è un film sulla paura: la paura che assedia l'America dopo gli attentati alle Twin Towers; la paura, che ne ha fatto un Paese protetto fino all'autoesclusione; la paura che i governanti usano come strumento di potere e di controllo della vita degli altri. Lì accanto, la nostalgia di un mondo innocente e aurorale, da cui l'America è stata definitivamente risvegliata all'inizio del millennio. 'The Village' è anche un film (non d'amore ma) sull'amore. L'amore si presenta come l'altra faccia della paura, che consente di non farsi annientare ma di crescere, di superarsi anche attraverso prove dolorose. Distinguendo in modo netto tra superstizione e fede, il film tocca il livello alto della parabola, mille leghe avanti alla gran parte dei thriller orrorifici in circolazione. E tutto ciò senza togliere un'unghia di paura, né del piacere di spaventarsi davanti a uno schermo." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 29 ottobre 2005)
"'The Village' sembra 'La fattoria': e lo è, consapevolezza dei personaggi più giovani in meno. Ma non è questa la ragione per la quale 'The Village' lascia freddi. C'è soprattutto la sproporzione fra attese ed esito: se Shyamalan fosse un esordiente, il suo film si segnalerebbe come superiore alla media della produzione cinematografica americana; per non dire di quella italiana. Ma c'è ormai chi lo chiama maestro. Poi - come 'Big Fish' di Tim Burton - 'The Village' è velleitario e prolisso, anche per chi conosce i ritmi mai frenetici del regista d'origine indiana. Per quasi due ore qui non succede nulla. E il finale è degno di un episodio della serie tv 'Ai confini della realtà', spesso arguti, certo, ma vecchi di mezzo secolo. Infine, qui non c'è il cupo mistero del 'Sesto senso', né la nicciana durezza di 'Unbreakable': solo autocitazioni dal fiacco 'Signs'. Qualche unghiata, comunque c'è, ma sfuggirà ai più: l'irrisione del 'beati gli ultimi', con lo scemo e la cieca del 'Village' che, in quanto presunti innocenti, possono sfidare la minaccia delle creature del bosco; alla logica della proprietà privata, che devia le rotte degli aerei, se qualcuno d'importante tiene alla pace." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 29 ottobre 2004)
"Il tipo di film prediletto dal regista americano trentaquattrenne M. Night Shyamalan, vicende soprannaturali di convivenza tra vivi e morti, thriller di fantasmi ha ottenuto nel mondo occidentale grandi e significativi successi: quasi che la gente cercasse fuori delle religioni altre fedi, altre speranze. (?) Gli spettatori vengono immersi in grovigli di simboli, il thriller può suscitare molte interpretazioni, l'incubo di un passato terribile si scioglie soltanto alla fine. Attenzione al colore giallo: sia nella accezione luminosa dei fiori di campo e del sole, sia nei toni più spenti, non è innocente." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 29 ottobre 2004)
"Piacerà alla sempre più folta schiera dei fans di M. Night Shyamalan, il regista di origine indù, che dopo tre en plein (Sesto senso', 'Unbreakable' e 'Signs'), s'è conquistato il fatidico 'nome sopra il titolo'. Come Alfred Hitchcock. Nel cast ci sono Sigourney Weaver e William Hurt, ma sul manifesto li han messi, volutamente a caratteri illeggibili. Il film ha almeno una ventina di scene che strapperanno il griderello alle spettatrici in vena di esternazioni. (...) Ma 'The Village' ha anche il fascino delle più cupe favole gotiche. Che è l'odissea attraverso il bosco della piccola Bryce Dallas Howard se non una rivisitazione di Cappuccetto Rosso con gli aliens al posto del Lupo Cattivo?." (Giorgio Carbone, 'Libero', 29 ottobre 2004)
"Un microcosmo così perfetto e autosufficiente che odora di metafora lontano un miglio e quando la metafora è troppo scoperta, si sa, il film ne risente. Specie se il regista applica la sua innegabile maestria a uno schema narrativo che cominciamo a conoscere: mistero, minaccia (soprannaturale o meno), quasi-invisibilità della minaccia, rivelazione finale. Vedi 'Il sesto senso', 'Unbreakable' o 'Signs'. Ma Shyamalan non è mai stato così consapevole dei propri mezzi e da 'The Village', malgrado l'atmosfera, la tensione, la bellezza sinistra delle immagini, si esce pensierosi ma delusi. Come se improvvisamente il prestigiatore scoprisse un gioco più grande di lui. Magica comunque l'esordiente Bryce Dallas Howard, la ragazza cieca. Imbarazzato e rivelatore invece Adrien Brody nei panni del demente, anello debole della storia." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 29 ottobre 2004)
"Un inizio molto faticoso. Per l'inevitabile delusione di chi s'aspetta dal giovane maestro M. Night Shyamalan paure fragorose, trasalimenti in serie e overdosi di horror al 100 per cento. (...) Rispetto all'ottimo 'Il sesto senso' e ai buoni 'Unbreakable' e 'Signs', Shyamalan perde qualche colpo perché la consapevolezza dei propri mezzi lo porta ad allungare i tempi e le inquadrature, a giocare troppo con le atmosfere e ad allentare la tensione inseguendo metafore alquanto ambiziose. Tra le quali vanno catalogate il moderno terrore dell'ignoto, la tendenza globale all'isolamento xenofobo, l'ardua ricerca di un'idea di spiritualità e il dovere di prendere in carico il proprio destino superando debolezze infantili e ancestrali paure. La suggestione della fotografia e l'adeguatezza degli interpreti (la ragazza cieca è l'esordiente figlia del mitico Ron Howard) confermano, comunque, il talento del regista più vicino ai fratelli Grimm oggi a disposizione." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 30 ottobre 2004)