Religione

La religione è quell'insieme di credenze, vissuti, riti che coinvolgono l'essere umano, o una comunità, nell'esperienza di ciò che viene considerato sacro, in modo speciale con la divinità, oppure è quell'insieme di contenuti, riti, rappresentazioni che, nell'insieme, entrano a far parte di un determinato culto religioso. Va tenuto presente che «il concetto di religione non è definibile astrattamente, cioè al di fuori di una posizione culturale storicamente determinata e di un riferimento a determinate formazioni storiche». Lo studio delle "religioni" è oggetto della "Scienza delle religioni" mentre lo sviluppo storico delle religioni è oggetto della "Storia delle religioni".

Occidente

Grecia antica

Il termine che nella lingua greca moderna indica la "religione" è threskeia. Tale termine è collegato a threskos; "pio", "timoroso di Dio". Quindi anche se nella cultura religiosa greco-antica non esisteva un termine che riassumesse quello che noi intendiamo oggi per "religione", threskeia possedeva tuttavia un ruolo e un significato precisi: indicava la modalità formale con cui andava celebrato il culto a favore degli dèi. Scopo del culto religioso greco era infatti quello di mantenere la concordia con gli dèi: non celebrare loro il culto significava provocarne l'ira, da qui il "timore della divinità" che lo stesso culto provocava in quanto connesso con la dimensione del sacro.

Roma antica

La concezione romana di "religione" (religio) corrisponde alla cura nei confronti dell'esecuzione del rito a favore degli dèi, rito che, per tradizione, va ripetuto finché non risulti correttamente eseguito. In questo senso i romani collegavano al termine di "religione" un senso di timore nei confronti della sfera del sacro, sfera propria del rito e quindi della religione stessa. In un ambito più aperto i romani accoglievano comunque tutti i riti che non contrastassero con il mos maiorum dei tradizionali riti religiosi, ovvero con il costume degli antenati. Quando nuovi riti, e quindi novae religiones, venivano a contrastare con il mos maiorum questi venivano proibiti: fu il caso, ad esempio e di volta in volta, delle religioni ebraica, cristiana, manichea e dei riti bacchanalia.

Occidente cristiano

Le prime comunità cristiane non utilizzarono il termine religio per indicare le proprie credenze e pratiche religiose. Con il tempo, tuttavia, diffusamente a partire dal IV secolo, il Cristianesimo adottò tale termine nell'accezione indicata da Lattanzio, individuandone l'unicità in quanto la "religione" era l'unica via di salvezza per l'uomo. La relazione tra religio cristiana e quelle dei culti o delle "filosofie" precedenti fu variamente interpretata dagli esegeti cristiani. Giustino (II secolo), ma anche Clemente Alessandrino e Origene, sostennero che partecipando tutti gli uomini al "Verbo" coloro che tra questi vissero secondo "ragione" erano comunque dei cristiani. Con Tertulliano (III secolo) la prospettiva cambiò e le differenze tra mondo "antico" e il mondo dopo la "rivelazione" cristiana furono decisamente accentuate. Con Agostino d'Ippona (354-430), ma già precedentemente con Basilio, Gregorio Nazianzeno e Gregorio di Nissa, il pensiero platonico rappresentò per i teologi cristiani un esempio della comprensibilità di cosa fosse la vera "religione". Rispetto ai significati del termine "religione" nel mondo cristiano, lo storico delle religioni svizzero Michel Despland osserva che: «Diventato cristiano l'Impero, si trovano presso i cristiani tre accezioni della parola. La religione è un ordine pubblico mantenuto dall'imperatore cristiano che instaura sulla terra la legislazione voluta da Dio (idea imperiale). Può anche essere l'eros dell'anima individuale verso Dio (idea mistica). Infine religio può designare la disciplina propria ai battezzati che hanno fatto voto di perfezione e sono diventati eremiti o cenobiti (Monachesimo).» (Michel Despland. Religione. Storia dell'idea in Occidente, in Dictionnaire des Religions (a cura di Jacques Vidal). Parigi, Presses universitaires de France, 1984. In italiano: Dizionario delle religioni. Milano, Mondadori, 2007, pagg. 1539 e segg.) Quindi se inizialmente il termine "religione" è assegnato esclusivamente agli ordini religiosi, a partire dalla Francia il termine accoglie dapprima anche quei pellegrini o cavalieri che se ne mostrano degni attraverso il mantenimento dei loro voti, poi i mercanti onesti e gli sposi fedeli, aprendo così il termine all'intero mondo laicale che osserva con scrupolo i precetti della Chiesa. Con la Scolastica la "religione" venne collocata tra le "virtù morali" inserite nella "giustizia" in quanto essa rende a Dio l'onore e l'attenzione che gli sono "dovuti" esprimendosi con atti esteriori, come la liturgia o il voto, ed atti interiori, come la preghiera o la devozione. Infine il termine "religione" diviene sinonimo di "civiltà". Con la Riforma protestante a partire dal XVI secolo il termine "religione" è assegnato a due confessioni cristiane distinte, e solo con il XVII secolo l'Ebraismo e l'Islam saranno considerate "religioni". Le Guerre di religione del XVI secolo provocarono in Francia l'abbandono dell'idea che il termine "religione" potesse essere sovrapponibile a quello di civiltà e, ad incominciare dal XVII secolo, alcuni intellettuali francesi avviarono una critica serrata al valore stesso della religione. «Vive forze nazionali si risvegliano e insorgono contro l'adattamento compiuto dopo le guerre di religione. Da allora la religione è vista come riguardante un'autorità oppressiva, la fede come una credenza poco ragionevole, anzi quasi irragionevole. In Francia, le intelligenze cominciano a preferire la civiltà alla religione. E c'è la tendenza a credere che quanto l'uomo più si civilizzerà tanto meno sarà incline alla religione.»

Occidente moderno e contemporaneo

A partire dal XVII secolo, la Modernità attribuisce valore supremo alla razionalità affrontando con questo strumento conoscitivo anche l'alveo della religione che così viene sottoposto al suo esame. Se da una parte autori come Gottfried Wilhelm von Leibniz (1645-1716) e Nicolas Malebranche (1638-1715) dopo l'analisi razionale esaltarono i valori religiosi, altri, come ad esempio John Locke (1632-1704) o Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), utilizzarono la "ragione" per spogliare la "religione" dei suoi contenuti non giustificabili razionalmente. Altri autori, come l'irlandese John Toland (1670-1722) o il francese Voltaire (1694-1778) furono propugnatori del deismo, un lettura decisamente razionalista della religione. Con David Hume (1711-1776) vi fu un rifiuto dei contenuti razionali della religione, nell'insieme considerata un fenomeno del tutto irrazionale, nato dai timori propri dell'uomo nei confronti dell'universo. Partendo dal giudizio di "irrazionalismo" della religione, in Occidente, con ad esempio Julien Offray de La Mettrie (1709-1751) o Claude-Adrien Helvétius (1715-1771), si affacciarono le prime critiche radicali alla religione che portarono all'affermazione dell'ateismo. In questo ambito Paul Henri Thiry d'Holbach (1723-1789) giunse a sostenere che: «L'idea di un Dio terribile, raffigurato come un despota, ha dovuto rendere inevitabilmente malvagi i suoi sudditi. La paura non crea che schiavi [...] che credono che tutto divenga lecito quando si tratta o di guadagnarsi la benevolenza del loro Signore, o di sottrarsi ai suoi temuti castighi. La nozione di un Dio-tiranno non può produrre che schiavi meschini, infelici, rissosi, intolleranti.»

Culture non occidentali

Nelle culture non occidentali il termine "religione" viene reso con termini che non hanno la stessa etimologia latina. Così, se in Occidente, fatto salvo la lingua greca, il termine "religione" ha ovunque origine dal latino religio, l'etimologia del termine ebraico origina invece da un termine proprio dell'antico persiano, allo stesso modo l'arabo dove il termine "religione" origina dall'avestico. Nelle lingue del Subcontinente indiano invece il termine "religione" viene reso con termini di origine sanscrita e, in Estremo Oriente, con termini di origine cinese.

Vicino e Medio Oriente

In lingua ebraica il termine occidentale "religione" viene reso traslitterato in caratteri latini come dath. In lingua araba il termine occidentale "religione" viene reso traslitterato in caratteri latini come din. In lingua persiana il termine occidentale "religione" viene reso traslitterato in caratteri latini come din.

Subcontinente indiano

Nella lingua hindi, la lingua ufficiale e più diffusa dell'India, il termine occidentale "religione" viene reso traslitterato in caratteri latini come Dharma. Ma anche per indicare le religioni occidentali come l'Ebraismo o il Cristianesimo. Il termine Dharma deriva dalla radice sanscrita traducibile in italiano come "fornire una base", ovvero come "fondamento della realtà", "verità", "obbligo morale", "giusto", "come le cose sono" oppure "come le cose dovrebbero essere".

Estremo Oriente

In lingua cinese il termine occidentale "religione" viene reso traslitterato in caratteri latini in zongjiào (Wade-Giles tsung-chiao). Da questa lingua il termine religione viene così reso nelle altre lingue estremo-orientali in: lingua giapponese: shukyo; lingua coreana: jonggyo lingua vietnamita: tôn giáo.

Alcuni termini

Animismo

"Animismo" (dall'inglese animism, a sua volta dal latino anima) è il termine introdotto nello studio delle religioni primitive dall'antropologo inglese Edward Burnett Tylor (1832-1917) che, nel 1871 nel suo Primitive Culture: Researches into the Development of Mythology, Philosophy, Religion, Language, Art and Custom, lo utilizzò per indicare quella prima forma di credenza spirituale ("anima" o "forza vitale") che viene riscontrata in oggetti o luoghi. In tal senso la teoria di Tylor si opponeva a quella di Herbert Spencer (1820-1903) che invece poneva nell'ateismo le convinzioni degli uomini primitivi. La teoria "animistica", già messa in discussione da Marcel Mauss (1872-1950) e da James Frazer (1854-1941), è rifiutata oggi dalla maggior parte degli antropologi. Tuttavia, come nota Jacques Vidal «in mancanza di altre espressioni l'uso del termine rimane frequente.» Carlo Prandi nota anche come tale termine venga utilizzato per indicare le credenze religiose dell'Africa subsahariana, quelle afrobrasiliane e quelle attinenti alle culture dell'Oceania.

Deismo

Il termine "Deismo" (dal francese déisme, a sua volta dal latino deus[40]) fu coniato dal teologo calvinista svizzero di lingua francese Pierre Viret (1511-1571) che nella sua Instruction chrétienne (Ginevra, 1564) lo utilizzò per indicare un gruppo che si opponeva agli "ateisti", ma Viret descrisse questo "gruppo" come di coloro che pur credendo in un Dio unico e creatore rigettavano la fede in Gesù Cristo. Il poeta inglese John Dryden (1631-1700), in Religio Laici del 1682 definì il "Deismo" come la credenza in un Dio creatore rifiutando qualsivoglia dottrina propugnata dalla tradizione e dalla rivelazione. Con la pubblicazione del Dictionnaire historique et critique (Rotterdam, 1697) di Pierre Bayle (1647-1706), che riprese la nozione di Déisme (s.v. "Viret"), il termine si diffuse ampiamente nella cultura europea. Tuttavia il significato di "Deismo" ha posseduto, di volta in volta, connotazioni diverse. Allen W. Wood[41] ne ha identificate quattro: credenza in un Essere supremo privo di tutti gli attributi di personalità (come intelletto e volontà); credenza in un Dio, ma rifiuto di qualsiasi cura provvidenziale da parte di questi per il mondo; fede in un Dio, ma negazione di ogni vita futura; credenza in un Dio, ma rifiuto di tutti gli altri articoli di fede religiosa. Molti filosofi e scienziati, per lo più illuministi del Settecento, sostennero tali posizioni; varianti istituzionalizzate del "Deismo" sono il Culto dell'Essere supremo durante la Rivoluzione francese e la spiritualità della Massoneria.

Enoteismo

"Enoteismo" (dal tedesco henotheismus, a sua volta dal greco eîs + theós "un dio") fu il termine coniato dal Friedrich Schelling (1775-1854) in Philosophie der Mythologie und der Offenbarung (1842) per indicare un "monoteismo " rudimentale sorto durante la preistoria della coscienza e precedente al "monoteismo evoluto" e al politeismo. Successivamente, l'indologo tedesco Friedrich Max Müller (1823-1900) utilizzò questo termine[42] per indicare una pratica propria del Rgveda consistente nell'isolare una divinità rispetto alle altre durante le invocazioni rituali. Nel suo significato storico-religioso, "enoteismo" occorre ad indicare quella forma di culto per cui una divinità viene, durante il rito, momentaneamente isolata e privilegiata rispetto alle altre, assurgendo così a divinità principale.

Monoteismo

Il termine Monoteismo (neologismo greco, dal greco mónos = unico, solo e theós = dio) caratterizza quelle religioni che propugnano l'esistenza di una singola divinità. André Lalande (1867-1963) ha così descritto, nel suo Vocabulaire technique et critique de la philosophie, revu par MM. les membres et correspondants de la Société française de philosophie et publié, avec leurs corrections et observations par André Lalande, membre de l'Institut, professeur à la Sorbonne, secrétaire général de la Société (2 volumi) Parigi, 1927, il termine "monoteismo": «Dottrina filosofica o religiosa che ammette un solo Dio, distinto dal mondo» Il tema, controverso, è quali possano essere le religioni ascrivibili a questo contesto. Dopo una disamina di tale problema, Paolo Scarpi così chiosa: «In questa prospettiva, pertanto conviene limitare l'uso del termine monoteismo alle forme religiose che storicamente si sono affermate come tali e che hanno elaborato una speculazione teologica finalizzata alla dimostrazione dell'unicità di Dio» Intendendo in questa prospettiva sostanzialmente l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam. Di tutt'altro avviso è invece, ad esempio, Theodore M. Ludwig che nella Encyclopedia of Religion nata dal progetto internazionale proposto da Mircea Eliade include, sia nell'edizione del 1987 che nella seconda edizione del 2005, nella voce Monotheism[43], altre religioni oltre quelle qui sopra citate come lo Zoroastrismo, la Religione greca nella forma di alcuni culti e nel pensiero di alcuni teologi greci, la Religione egizia del culto di Aton, il Buddhismo nella forma della Terra Pura, l'Induismo in alcune sue particolari manifestazioni e il Sikhismo.

Panteismo

Il termine Panteismo (dall'inglese pantheism a sua volta dal greco pan + theós = tutto Dio) letteralmente significa "tutto è Dio". Tale termine fu derivato da analogo termine, pantheistic, utilizzato dal filosofo irlandese John Toland (1670-1722) nel suo Socinianism Truly Stated. By a pantheist (1705), ed ebbe larga diffusione in Europa durante le polemiche inerenti al Deismo. Oggi il termine "Panteismo" occorre come termine tecnico-descrittivo per individuare quei credi religiosi, o filosofico-religiosi, che individuano una divinità che abbraccia ogni cosa, ovvero Dio che compenetra ogni aspetto e luogo dell'universo rendendo così sacro ogni aspetto dell'esistente, anche quello naturale.

Politeismo

Il termine "politeismo" è attestato nelle lingue moderne per la prima volta nella lingua francese (polythéisme) a partire dal XVI secolo[45]. Il termine polythéisme fu coniato dal giurista e filosofo francese Jean Bodin, e quindi utilizzato per la prima volta nel suo De la démonomanie des sorciers (Parigi, 1580), per poi finire nei dizionari come il Dictionnaire universel françois et latin (Nancy 1740), il Dictionnaire philosophique di Voltaire (Londra 1764) e, l'Encyclopédie di D'Alembert e Diredot (seconda metà del XVIII secolo), la cui voce polytheisme è curata dallo stesso Voltaire. Utilizzato in ambito teologico in opposizione a quello di "monoteismo"; entra nella lingua italiana nel XVIII secolo. Il termine polythéisme, quindi "politeismo", è formato da termini derivati dal greco antico: polys + theoi ad indicare "molti dèi"; quindi da polytheia, termine coniato dal filosofo giudaico di lingua greca Filone di Alessandria (20 a.C.-50 d.C.) per indicare la differenza tra l'unicità di Dio nell'Ebraismo rispetto alla nozione pluralistica dello stesso propria delle religioni antiche, tale termine fu poi ripreso dagli scrittori cristiani (ad esempio da Origene in Contra Celsum). Tale termine indica quelle religioni che ammettono l'esistenza di più dèi a cui destinare dei culti.

Religioni (in ordine alfabetico) col maggior numero di fedeli

Buddhismo

Il Buddhismo è una religione che comprende una varietà di tradizioni, credenze e pratiche, in gran parte basata sugli insegnamenti attribuiti a Siddhartha Gautama, vissuto nel Nepal intorno al VI secolo a.C., comunemente appellato come il Buddha, ossia "il Risvegliato". Le numerose scuole dottrinarie afferenti a questa religione si fondano e si differenziano in base alle raccolte scritturali riportate nei Canoni buddhisti e agli insegnamenti tradizionali trasmessi all'interno delle stesse scuole. Le due grandi differenziazioni all'interno del Buddhismo riguardano le correnti Theravada, presente prevalentemente in Sri Lanka, Thailandia, Cambogia, Myanmar e Laos, e Mahayana, presente invece prevalentemente in Cina, Tibet, Giappone, Corea, Vietnam e Mongolia.

Cristianesimo

Il Cristianesimo è la religione più diffusa nel mondo, in particolare in Occidente (Europa, Americhe, Oceania). Le forme storiche del cristianesimo sono molteplici, ma è possibile indicare quattro principali suddivisioni: il Cattolicesimo, il Protestantesimo, l'Ortodossia e l'Anglicanesimo. Oltre a queste quattro suddivisioni, esistono alcuni credi che si riallacciano al Cristianesimo ma non sono classificati nelle quattro categorie principali, tra cui Mormonismo e i Testimoni di Geova. Tutte queste tradizioni cristiane riconoscono, seppure con piccole varianti, che il loro fondatore, Gesù di Nazaret, è il Figlio di Dio, e lo riconoscono come Signore. Credono altresì, a parte i Testimoni di Geova, i Mormoni ed i Protestanti Unitari, che Dio è uno in tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Inoltre, tenendo presente che la Bibbia protestante ha 7 libri in meno della Bibbia cattolica, considerano la Bibbia un testo ispirato da Dio. La Bibbia dei cristiani è composta dall'Antico Testamento, il quale corrisponde alla Septuaginta, versione e adattamento in lingua greca della Bibbia ebraica con l'aggiunta di ulteriori libri[48], e dal Nuovo Testamento: quest'ultimo ruota interamente sulla figura di Gesù Cristo e del suo "lieto annuncio" (Vangelo).

Induismo

L'Induismo è un insieme di dottrine, credenze e pratiche religiose e filosofico-religiose che hanno avuto origine in India, luogo dove risiede la maggioranza dei suoi fedeli. Secondo la tradizione, questa religione è eterna (Sanatana dharma, religione eterna) non avendo né un principio né una fine. L'Induismo fa riferimento ad un insieme di testi sacri che per tradizione suddivide in Sruti e in Smrti. Tra questi testi occorre ricordare in particolar modo i Veda, le Upanisad e la Bhagavadgita.

Islam

L'Islam è la più recente delle tre principali religioni monoteiste originarie del Vicino Oriente. Ha come principale riferimento il Corano considerato libro sacro. Il testo in lingua araba, una raccolta di predicazioni orali, è relativamente breve rispetto ai testi sacri ebraici o indù. Il termine Islam significa letteralmente "sottomissione", intesa come fedeltà alla parola di Dio. L'Islam condivide con l'Ebraismo e il Cristianesimo gran parte della tradizione dell'Antico Testamento, legittimando il riferimento biblico secondo cui Isacco/Israele (progenitore degli ebrei) e Ismaele (progenitore degli arabi) erano entrambi figli di Abramo. Riconosce la vita e le opere di Gesù ritenendolo però un profeta. La figura di riferimento dell'Islam è Muhammad (Maometto), vissuto nel VII secolo nella penisola arabica, di cui la Sunna raccoglie gli aneddoti. Le due suddivisioni principali di questa religione sono l'Islam sunnita e l'Islam sciita.

Altre religioni

Altre importanti religioni, diffuse soprattutto in sono:

Nuovi movimenti religiosi"