La dea dell'amore

Mighty Aphrodite

7,0

1995

Regia: W.Allen

Genere: Commedia

CAST

Michael Rapaport

Mira Sorvino

Olimpia Dukakis

Helena Bonham

Woody Allen

David Ogden

Jack Warden

Peter Weller

Claire Bloom

F. Murray Abraham



LA DEA DELL'AMORE
Anno 1995
Titolo Originale MIGHTY APHRODITE
Durata 98
Origine USA
Colore C
Genere COMMEDIA
Specifiche tecniche PANORAMICA A COLORI
Produzione ROBERT GREENHUT PER MAGNOLIA PICTURES - MIRAMAX FILMS - SWEETLAND FILMS
Distribuzione CECCHI GORI GROUP TIGER (1996) - CECCHI GORI HOME VIDEO
Regia
Woody Allen
Attori
Michael Rapaport Kevin
Mira Sorvino Linda Hash
Olipia Dukakis Jocasta
Helena Bonham Carter Amanda
Woody Allen Lenny
David Ogden Stiers Laius
Jack Warden Tiresias
Peter Weller Jerry Bender
Claire Bloom La Madre Di Amanda
F. Murray Abraham Leader Del Greek Chorus
Soggetto
Woody Allen
Sceneggiatura
Woody Allen
Fotografia
Carlo Di Palma
Musiche
Dick Hyman
Montaggio
Susan E. Morse
Scenografia
Santo Loquasto
Costumi
Jeffrey Kurland
Trama Una coppia della borghesia newyorchese (Lenny, cronista sportivo, e Amanda, una gallerista), adotta un bimbo, Max, ceduto appena nato ad un istituto da una giovane sconosciuta. Il piccolo Max è adorabile, ma Lenny è ossessionato dal desiderio di conoscere la madre del piccolo. Carpito l'ultimo recapito della donna, Lenny riesce a scoprirne l'identità: è Linda, pornostar e prostituta. Mentre Amanda è impegnata a gestire una nuova galleria e a respingere le avance di Jerry Bender, il proprietario, Lenny ottiene un incontro con Linda: costei, aspettandosi un cliente e non un impacciato investigatore, lo allontana. Lenny però si ripresenta: la convince di voler solo fare arnicizia; ottiene la sua confidenza e decide di redimerla, dapprima sottraendola al protettore, che blandisce con un introvabile biglietto per la partita di baseball, e poi ponendole accanto un pugile, un giovane contadino immigrato, Kevin. Fa credere a questi che lei è una parrucchiera: i due legano, ma quando lui scopre la verità lascia bruscamente la giovane. Lenny, affranto perché è venuto a conoscenza della tresca di Amanda con Jeny, va da Linda e ha un rapporto con lei. Amanda però è innamorata di Lenny e torna da lui respingendo Jerry. Frattanto Linda va al paese di Kevin per tentare una rappacificazione, ma lui la scaccia. Sulla via del ritorno il pilota di un elicottero in avaria le chiede un passaggio: tra i due è amore a prima vista. Dopo molto tempo casualmente Lenny incontra Linda che si è sposata: ora ha avuto una bambina e Lenny non sa che la neonata è sua figlia.
Note - REVISIONE MINISTERO GENNAIO 1996.
- OSCAR PER MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA (MIRA SORVINO) (1995).
Critica "Difficilmente si sopporterebbe da un altro regista lo stesso ritorno al rigoroso leit motiv autobiografico che Woody Allen propone ormai con cadenza stagionale. Mighty Aphrodite, in effetti, è soprattutto il nuovo round del suo interminabile match con i complicati quiz erotici per borghesia bianca più o meno intellettuale ambientati tra le nevrosi e i grattacieli di Manhattan. Il piccolo ma squisito miracolo cinematografico si rinnova ed il pubblico potrà goderne come sempre, interrogandosi (al massimo) sul posto da assegnargli in graduatoria di merito tra Pallottole su Broadway e Misterioso omicidio a Manhattan. (Valerio Caprara,"Rivista del Cinematografo")
"Come tutti i film di Woody anche La dea dell'amore è da vedere, certo non da raccontare, animato dai dialoghi spiritosi fatti questa volta anche di brutte parole, dai guizzi del destino, dalle situazioni paradossali. Come quella del primo incontro della pornodiva con lui nella veste di sedicente esperto di amori mercenari, o quando Woody tenta invano di combinare il matrimonio di Mira con un pugile suonato:"Mica t'avevo detto che era vergine"."Ma non a quel punto", obietta il pugile non tanto suonato. Il coro greco guidato da Murray Abraham, che strada facendo si è trasformato in un frenetico balletto, continua a invitare a non prendere come una tragedia i doni della vita, i personaggi ne seguono le imbeccate, e la commedia, senza essere un capolavoro, si muove agilmente, spiritosa e anche seria nel mostrare l'alienazione femminile prodotta dal commercio del proprio corpo".
[..] "Giornale", Alfio Cantelli, 28/1/96)
"Felicissima nelle invenzioni, questa commedia brillante intreccia sorridendo annotazioni buffe e constatazioni a dir poco drammatiche. Il tutto risolto nel gusto del paradosso, in quel mutar di segno a convinzioni che vengono da lontano, da molto lontano, che è la cifra dell'imparreggiabile Woody Allen". ("Avvenire", Francesco Bolzoni, 28/1/96)
[..] decisamente il film più comico che Woody abbia scritto e diretto da vari anni, contiene un sottotesto inaspettato e curioso che lo stacca decisamente da alcuni precedenti film "seri" come Crimini e misfatti e in generale tutti quei titoli con i quali Woody ha tentato di depistarci, facendoci credere di amare più Bergman e Dreyer che il baseball e i grattacieli di Manhattan. Partiamo, quindi, [..] da questo sottotesto che ci consentirà, per le prossime dieci righe, di scrivere qualcosa di diverso dalle recensioni degli anni scorsi. Il sottotesto è il Coro: un Coro da tragedia greca - le famose sequenze girate nel teatro di Taormina - che, proprio come ai tempi di Eschilo, commenta l'azione dei personaggi, che però agiscono nella New York nevrotizzata di oggi. Detta così, potrebbe sembrare una cosa seriosa e intellettuale: invece il Coro di Woody è una buffonata, tenuta sul filo di rasoio (siamo sicurissimi che qualunque altro regista ne avrebbe fatto la scemenza del secolo) grazie a un umorismo a prova di bomba, e risolto, alla fine, in una sequenza che è la chiave del film, ma anche - tenetevi forte! - di tutto il cinema "alleniano". Parliamo della scena in cui il Coro, ormai semi-brillo, si mette a ballare e canticchiare in purissimo stile Broadway. Eccola, la prova provata: Woody Allen è un uomo colto, un grande intellettuale, un ebreo che ha frequentato Freud e conosce Marx (Karl, non Groucho), un cinefilo che adora Bergman e Fellini, ma è prima di tutto un uomo di spettacolo americano le cui radici sono lì sui palcoscenici di Broadway". ("L'Unità", Alberto Crespi, 28/1/96).