Munich

7,7

2005

Regia: S.Spielberg

Genere: Drammatico

Genere: Storico

Genere: Thriller

CAST

Eric Bana

Daniel Craig

Geoffrey Rush

Mathieu Kassovitz

Hanns Zischler

Ciarán Hinds

Mathieu Amalric

Michael Lonsdale

Ayelet Zurer

Gila Almagor

Moritz Bleibtreu

Valeria Bruni

Meret Becker

Marie-Josee Croze

Yvan Attal

Ami Weinberg

Lynn Cohen

Amos Lavie

Moshe Ivgy

Michael Warshaviak

Alon Aboutboul

Roy Avigdori

Djemal Barek

Lisa Werlinder

Mostefa Djadjam

Igal Naor

Makram Khoury

Oded Teomi

Schmuel Calderon

Ohad Shachar

Guy Zu-Aretz

Laurence Fevrier

Rad Lazar

Faruk Pruti

Karim Qayouh

Abdelhafid Metalsi

Souad Amidou

Mahmoud Zemouri

Omar Mostafa

Hichem Yacoubi

David Feldman

Wojciech Machnicki

Guri Weinberg

Sami Samir

Ben Youcef

Mohammed Khouas

Merik Tadros

Karim Saleh

Joram Voelklein

Martin Ontrop

Jalil Naciri

Arturo Arribas

Stéphane Freiss

Renana Raz

Sasha Spielberg

Mordechai Ben-Shachar

Michael Schenk

Rana Werbin

Geoffrey Dowell

Alexander Beyer

Saida Bekkouche

Ula Tabari

Baya Belal

Daniel Bess

Shmuel Edleman

Elyse Klaits

Itay Barnea

Danny Zahavi

Yehuda Levi

Brian Goodman

Hicham Nazzal

Mehdi Nebbou

Carim Messalti

Lyes Salem

Ohad Knoller

Liron Levo

Jonathan Rozen

Rim Turki

Derar Suleiman

Tom Wlaschiha

Omar Metwally

Nasser Memarzia

Andreas Lust

Bijan Daneshmand

Kevin Collins

Assi Cohen

Richard Brake

Ossie Beck

Guy Amir

Sharon Alexander

Ori Pfeffer

Mousa Kraish

Sabi Dorr

Hiam Abbass

Haguy Wigdor

Sam Feuer

Ziad Adwan

David Ali Hamade

Félicité Du Jeu

Fattouma Ousliha Bouamari

Robert John Burke

Charley H. Gilleran



MUNICH
Anno 2005
Altri titoli Vengeance
Untitled 1972 Munich Olympics Project
Durata 160
Origine USA
Colore C
Genere DRAMMATICO, STORICO, THRILLER
Tratto da libro "Vengeance: The True Story of an Israeli Counter-Terrorist Team" di George Jonas
Produzione STEVEN SPIELBERG, KATHLEEN KENNEDY, BARRY MENDEL, COLIN WILSON PER UNIVERSAL PICTURES, DREAMWORKS SKG, AMBLIN ENTERTAINMENT, KENNEDY/MARSHALL, ALLIANCE ATLANTISMCOMMUNICATIONS
Distribuzione UIP (2006)
Data uscita 27-01-2006
Vietato 14
Regia
Steven Spielberg
Attori
Eric Bana Avner
Daniel Craig Steve
Geoffrey Rush Ephraim
Mathieu Kassovitz Robert
Hanns Zischler Hans
Ciarán Hinds Carl
Mathieu Amalric Louis
Michael Lonsdale Papa
Ayelet Zurer Daphna, Moglie Di Avner
Gila Almagor Madre Di Avner
Moritz Bleibtreu Andreas
Valeria Bruni Tedeschi Sylvie
Meret Becker Yvonne
Marie-Josee Croze Jeanette
Yvan Attal Tony, Amico Di Andreas
Ami Weinberg Generale Zamir
Lynn Cohen Golda Meir
Amos Lavie Generale Yariv
Moshe Ivgy Mike Harari
Michael Warshaviak Avvocato Generale Meir Shamgar
Alon Aboutboul Soldato Israeliano Con Zamir
Roy Avigdori Gad Tsabari
Djemal Barek Zaid Muchassi
Lisa Werlinder Novella Sposa
Mostefa Djadjam Hussein Abad Al-Chir
Igal Naor Mahmoud Hamshari
Makram Khoury Wael Zwaiter
Oded Teomi Contabile Mossad
Schmuel Calderon Generale Hofi
Ohad Shachar Ministro
Guy Zu-Aretz Commando
Laurence Fevrier Moglie Di Papa
Rad Lazar Connessione Kgb
Faruk Pruti Connessione Kgb
Karim Qayouh Palestinese
Abdelhafid Metalsi Palestinese
Souad Amidou Moglie Di Yussef
Mahmoud Zemouri Vecchio Lebanese
Omar Mostafa Guardia Araba
Hichem Yacoubi Guardia Araba
David Feldman Kehat Schur
Wojciech Machnicki Tuvia Sokolovsky
Guri Weinberg Moshe Weinberg
Sami Samir Abu Halla
Ben Youcef Saleh
David Ali Hamade Paulo
Mohammed Khouas Samir/Jamal Al-Gashey
Merik Tadros Tony 'Il Cowboy'
Karim Saleh Issa
Joram Voelklein Componente Troupe A Monaco
Martin Ontrop Componente Troupe A Monaco
Jalil Naciri Reporter Arabo In Metro
Arturo Arribas Reporter Spagnolo In Metro
Stéphane Freiss Reporter Francese In Metro
Renana Raz Telespettatrice Israeliana
Sasha Spielberg Telespettatrice Israeliana
Mordechai Ben-Shachar Anziano Nel Bar Di Haifa
Félicité Du Jeu Dirigente Banca Svizzera
Fattouma Ousliha Bouamari (Fettouma Bouamari) Rifugiata
Michael Schenk Fotografo A Monaco
Rana Werbin Conduttrice Tg Israeliana
Geoffrey Dowell Conduttore Tg Israeliano
Alexander Beyer Reporter Tedesco In Metro
Saida Bekkouche Rifugiata
Ula Tabari Telespettatrice Palestinese
Baya Belal Telespettatrice Palestinese
Daniel Bess Atleta Americano
Shmuel Edleman Saltatore
Elyse Klaits Segretaria Consolato
Itay Barnea Viceconsole Israeliano
Danny Zahavi Soldato Aeroporto Tel Aviv
Yehuda Levi Soldato Aeroporto Tel Aviv
Robert John Burke Americano Belligerante
Brian Goodman Americano Belligerante
Hicham Nazzal Guardia Salameh
Mehdi Nebbou Ali Hassan Salameh
Carim Messalti Guardia Araba
Lyes Salem Guardia Araba
Ohad Knoller Commando
Liron Levo Commando
Charley H. Gilleran Guardia Araba/Commando
Jonathan Rozen Ehud Barak
Rim Turki Moglie Di Adwan
Derar Suleiman Abu Youssef
Tom Wlaschiha Componente Troupe A Furstefeldbrook
Omar Metwally Ali
Nasser Memarzia Vecchio Palestinese
Andreas Lust Componente Troupe A Furstefeldbrook
Bijan Daneshmand Kamal Nasser
Kevin Collins Atleta Americano
Assi Cohen Novello Sposo
Richard Brake Americano Belligerante
Ossie Beck Eliezaar Halfen
Guy Amir Mark Slavin
Sharon Alexander Generale Nadev
Ori Pfeffer Andre Spitzer
Mousa Kraish Badran/Mohammed Safed
Sabi Dorr Yosef Guttfreund
Hiam Abbass Marie Claude Hamshari
Haguy Wigdor Zeev Friedman
Sam Feuer Yossef Romano
Ziad Adwan Kamal Edwan
Soggetto
George Jonas
Sceneggiatura
Tony Kushner
Eric Roth
Charles Randolph
Fotografia
Janusz Kaminski
Musiche
John Williams
Montaggio
Michael Kahn
Scenografia
Rick Carter
Costumi
Joanna Johnston
Effetti
Ferenc Deák
Joss Williams
Pablo Helman
Industrial Light & Magic (ILM)
Trama Nell'agosto 1972, durante la seconda settimana dei Giochi Olimpici di Monaco, il commando terroristico palestinese "Settembre Nero", compie un blitz nel villaggio olimpico rapendo alcuni componenti della squadra israeliana per ottenere la liberazione di numerosi prigionieri palestinesi. Durante 21 ore trasmesse in diretta tv, il commando compie un atroce massacro in cui tutti gli ostaggi perdono la vita. Per vendicare la morte dei loro connazionali, il Mossad, il servizio segreto israeliano, mette in atto l'"Operazione Ira di Dio", un piano segretissimo che prevede la ricerca e l'eliminazione di tutti i componenti di 'Settembre Nero'. Il difficile incarico viene assegnato al giovane Avner, un ufficiale del Mossad, e a quattro reclute specializzate: Steve, un esuberante autista sudafricano bianco; Hans, un ebreo tedesco specialista nella falsificazione di documenti; Robert, un belga esperto nella fabbricazione di esplosivi; e Carl, un uomo silenzioso e metodico che ha l'incarico di cancellare ogni traccia delle azioni punitive...Note - NOMINATION OSCAR 2006: MIGLIOR FILM, MIGLIOR REGIA, MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE, MIGLIOR MONTAGGIO, MIGLIOR COLONNA SONORA.Critica "Riassunto, 'Munich' potrebbe essere 'solo' un bel thriller equamente diviso fra azione e morale. Invece è la ricostruzione (in parte documentata ma largamente congetturale) dell'operazione che seguì la strage di Monaco. Insomma un film politico, di infinita delicatezza per il tema e di enorme impatto per il linguaggio, dedicato a uno dei nodi più dolorosi del mondo contemporaneo. Fin qui però la discussione si è concentrata sul tema e sui suoi risvolti politici dribblando l'essenziale, cioè appunto il linguaggio. Che è ciò che rende 'Munich' scomodo (nelle poche scene davvero convincenti) ma più spesso imbarazzante, quali che siano le proprie convinzioni politiche o morali. Sapendo di muoversi su un terreno minato, Spielberg fa infatti massima attenzione all'equilibrio delle ragioni e dei torti sui due fronti, israeliano e palestinese. E questo va benissimo naturalmente. Ma sembra anche così preoccupato di bilanciare l'azione con la riflessione, gli inevitabili sosia (Golda Meir) con l'invenzione pura, l'orrore con lo humour, che il tutto spesso suona falso e artificioso. Insomma non rinuncia a nessuno degli accorgimenti che rendono il suo cinema così accattivante e spettacolare, ma gli sovrappone un fragile strato morale che risulta costantemente contraddetto dalle immagini. Nei momenti migliori l'ambivalenza, tema profondo del film, ci scuote. (...) 'Munich' mette a disagio perché convenzionale da cima a fondo. Vorrebbe insinuare dubbi, ma lo fa con le immagini monolitiche e autoritarie del cinema di genere. Resta per così dire schiavo del racconto (delle sue convenzioni), senza mai mettere in crisi la sua struttura profonda, come accadeva per fare un esempio in 'Niente da nascondere'. Naturalmente Spielberg non è Haneke, ci mancherebbe, l'esempio è del tutto strumentale. Ma resta la sensazione costante, e sgradevole, che per scendere su questo terreno l'artiglieria pesante di Spielberg non fosse la più indicata." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 gennaio 2006) "'Munich' di Steven Spielberg parte alla grande con un allucinante quarto d' ora di spettacolo che sembra preludere a un capolavoro. (...) Il seguito dei 164 minuti di Munich, lungi dal soddisfare l'attesa del capolavoro annunciato, rientra nei canoni del film d'azione: la determinazione di Avner che si stempera in un crescendo di dubbi sulla legittimità della missione anche alla luce di alcuni tragici errori, la caratterizzazione dei kidonim, il thrilling degli attentati dove la parafrasi hitchcockiana è a volte guastata da un ambientazione non sempre all'altezza (quella Roma girata a La Valletta per ragioni di economia è inaccettabile). Per non parlare della sequenza in sottofinale quando Avner facendo l'amore con la moglie non riesce a togliersi dalla testa la strage di Monaco. Per cui Jérome Garcin su le 'Nouvelle Observateur' ha scritto: 'Di un cattivo gusto insuperabile, questo montaggio parallelo basta a contrassegnare il disastro del film'. Più condivisibili gli equilibrati rilievi di Todd McCarthy su 'Variety': racconto servito con professionalità e tuttavia troppo lungo, due ore bastavano; schema 'Dieci piccoli indiani', ovvero i morti centellinati in serie alla Agatha Christie, a rischio di noia; protagonista moscio. Sottoscrivo tutto, aggiungendo un elogio per Geoffrey Rush nel ruolo ambiguo del referente governativo, purché non vada sottovalutato il messaggio del film: non è il perdono la migliore vendetta, ma la trattativa." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 27 gennaio 2006)"E' un film da 'non mancare' non perché sia eccezionalmente bello. Ma per il suo contenuto, per come Spielberg - ebreo impegnato nella difesa della memoria delle persecuzioni e della causa israeliana - lo ha trattato. (...) Si è detto, non senza spunti polemici, che Spielberg è giustificazionista verso i palestinesi; e lui ha risposto di non credere all'escalation delle armi ma alla trattativa, aggiungendo di essere pronto a dare la vita per Israele. Eppure la sensazione è che il film lascia è quella che non ci sarà mai scampo, che le reciproche ostilità e paure sono troppe perché si riesca a far tacere le armi. Forse Spielberg non voleva, ma il magone con cui esce dal film è questo." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 27 gennaio 2006)"Che re Steven sia uno dei massimi registi della nostra epoca è un fatto acclarato. Che il suo pragmatismo e la sua generosità professionale lo portino a toccare alti e bassi, altrettanto. Basta confrontare lo straordinario prologo (l'azione terroristica che ritornerà nei successivi flash-back) con il pessimo finale (l'amore coniugale in montaggio alternato con i rimorsi) di 'Munich' per confermarlo. Questo film possente e, appunto, disuguale verifica un altro topos spielberghiano, quello che il collega Bruzzone ha acutamente denominato la tortura della coperta: puntualmente tirato da una parte e dall'altra, il regista sembra nato per alimentare le opposte fazioni politiche e cinéfile. Mentre i sinistri vessilli di Hamas sventolano sul Parlamento palestinese, 'Munich' non fornisce, in effetti, risposte perentorie e tantomeno definitive, ma si limita a inscenare una riflessione sulla ragion di stato e sull'efficacia della vendetta che travalica e forse penalizza la modica quantità dell'opinione personale. In fondo, lo spettatore si ritrova ad assistere a un buon thriller spionistico, a tratti veristico a tratti romanzato, chiaramente ispirato allo stile del cinema americano degli anni Settanta ('I tre giorni del condor'); mentre il contrappunto del travaglio morale dell'antieroe protagonista (il modesto Eric Bana) non ha la forza di elaborare una tesi inedita, convincente e, soprattutto, spendibile nell'attualità. (...) Accantonato, giocoforza, il presunto messaggio scottante, si deve riconoscere il nerbo registico: suspense calibrata, ambientazioni e fotografia suggestive, movimenti ampi e sicuri della macchina da presa, ossessioni e paure che si rapprendono e si sciolgono nell'adrenalina delle esecuzioni. Per fortuna Spielberg, anche quando cerca d'imitare il complottismo venato di allusioni oracolari alla Le Carré (chi sarà mai il patriarca francese che si mette al servizio di qualsiasi gruppuscolo disposto a pagare?), non tradisce la vocazione al puro spettacolo, ai ritmi incalzanti, all'intelligenza dei dettagli, insomma al suo stile ad alta definizione popolare." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 28 gennaio 2006)"Tutto il film è incentrato su questo personaggio che si muove come all'interno di un thriller, sicario non di professione ma per fede politica. E' bene ricordare che Spielberg è un ebreo della diaspora che crede fermamente allo stato di Israele, pur avendo in alcune occasioni manifestato la sua contrarietà ad alcuni interventi di rappresaglia e ritorsione. In altre parole: nell'universo del regista americano è l'uomo in quanto persona che prevale e che è al centro dell'interesse della sua macchina da presa. (...) Spielberg è molto bravo a portarci dentro l'orrore e, al contempo, a misurare i possibili drammi dopo l'evento di sangue. Si sa che la violenza può essere descritta fondamentalmente in due modi, cioé da un punto di vista metafisico, come nel "Diavolo probabilmente" di Robert Bresson o "Cul de sac" di Roman Polanski, oppure totalmente immersi nella realtà, dall'interno dei fatti e delle azioni. Il regista americano ha scelto questo secondo sguardo, senza cadere nella platealità e nell'effettaccio, come invece capitava con l'eccessiva insistenza nella parte iniziale di "Salvate il soldato Ryan" (...) L'incipit di "Munich" è cinematograficamente perfetto: sembra, come ha annotato il critico Paolo Escobar, un gioco di specchi che si riflettono nel loro perfetto e crudele equilibrio. E' l'equilibrio del terrrore che, con un montaggio magistrale su un'altrettanto magistrale "sceneggiatura di ferro", ci introduce nella vicenda come un proemio che in se stesso ha già al proprio interno l'umore del significato globale del film. Ripeto: è la violenza assolutamente non voluta che non è pensata solo per tenere desta l'attenzione, ma per creare l'effetto d'orrore nei confronti dell'uccisione e delle modalità attraverso le quali questa si attua. (...) Il regista sembra dirci, e alla fine ciò appare palesemente. che l'autentico amore di un ebreo per Israele non può accettare il "do ut des" di ogni forma di vendetta." (Franco Patruno, L'Osservatore Romano, 4 febbrario 2006)