Io speriamo che me la cavo

6,8

1992

Regia: L.Wertmuller

Genere: Commedia

CAST

Paolo Villaggio

Isa Danieli

Gigio Morra

Sergio Solli

Paolo Bonacelli

Fulvia Carotenuto

Salvatore Emilio

Ciro Esposito

Mario Bianco

Annarita DAuria

Adriano Pantaleo

Dario Esposito

Mario Porfito

Consalvo DellArti

Salvatore Terracciano

Ilaria Troncone

Marco Troncone

Carmela Pecoraro

Ivano Salazaro

Maria Esposito

Roberta Galli

Luigi Lastorina

Filomena Lieto

Lucia Oreto

Pietro Bertone

Pietro Bontempo

Ester Carloni

Eduard Criscuolo

Giuliano Amatucci

Pier Francesco Borruto

Alessandra De Tora

Anna De Magistris

Antonio Scotto Di Frega



IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO
Anno 1992
Durata 104
Origine ITALIA
Colore C
Genere COMMEDIA
Specifiche tecniche NORMALE A COLORI
Tratto da LIBERAMENTE ISPIRATO DALL'OMONIMO LIBRO DI MARCELLO D'ORTA
Produzione EUROLUX CECCHI GORI GROUP TIGER CINEMATOGRAFICA
Distribuzione PENTA - PENTAVIDEO, MEDUSA VIDEO (PEPITE)
Regia
Lina Wertmüller
Attori
Paolo Villaggio Maestro Sperelli
Isa Danieli Direttrice
Gigio Morra Custode
Sergio Solli Cartonaio
Paolo Bonacelli Ludovico Mazzullo
Fulvia Carotenuto Madre Raffaele
Salvatore Emilio Padre Tommasina
Ciro Esposito Raffaele
Pier Francesco Borruto Peppiniello
Mario Bianco Nicola
Annarita D'Auria Lucietta
Adriano Pantaleo Vincenzino
Dario Esposito Gennarino
Mario Porfito Sindaco
Consalvo Dell'Arti Don Gabriele
Antonio Scotto Di Frega Mimmuccio
Salvatore Terracciano Salvatore
Ilaria Troncone Flora
Marco Troncone Giustino
Carmela Pecoraro Tommasina
Ivano Salazaro Giovanni
Maria Esposito Rosiella
Roberta Galli Sorellina Toto'
Luigi Lastorina Toto'
Filomena Lieto Checchina
Lucia Oreto Madre Gennarino
Pietro Bertone Dott. Nicolella
Pietro Bontempo Padre Toto'
Ester Carloni Esterina
Eduard Criscuolo Dott. Arnone
Giuliano Amatucci Mezzarecchia
Alessandra De Tora Angeluccia
Anna De Magistris Brigida
Soggetto
Leo Benvenuti
Marcello D'Orta
Lina Wertmüller
Domenico Saverni
Alessandro Bencivenni
Piero De Bernardi
Sceneggiatura
Alessandro Bencivenni
Leo Benvenuti
Piero De Bernardi
Andrej Longo
Domenico Saverni
Lina Wertmüller
Fotografia
Gianni Tafani
Musiche
Carlo D'Angiò
Dangio Greco
Montaggio
Pierluigi Lonardi
Scenografia
Enrico Job
Costumi
Benito Persico
Trama Trasferito a Corzano, in provincia di Napoli, solo per l'errore del Provveditorato agli Studi, il maestro Marco Tullio Sperelli è stato destinato ad una terza elementare. Lui, ligure, bravo ed onest'uomo, si trova subito in una situazione pressoché disastrosa. Non più di tre allievi in classe: il quarto deve andare a cercarselo a domicilio, gli altri (in tutto sono una ventina) li recupera qua e là, quasi sempre in strada. Nella classe (mista) ci sono bambini furbi, per lo più allegri, una bambina, Rosinella, che fa la tenera con il maestro, Vincenzino, intelligente e svelto, nonchè Raffaele, il più grande, già implicato a far da messaggero per la camorra locale. Per questo Sperelli, malgrado la propria mitezza, dà un ceffone a Raffaele il quale giura vendetta. Ma quel gesto violento propizia definitivamente al maestro il massimo rispetto di tutti i ragazzi. D'altra parte lui si preoccupa di tutti i suoi allievi, anche se ha già chiesto un altro trasferimento, poichè con quei ragazzi ed il loro ambiente pensa che non ce la farà mai. La madre di Raffaele, dopo avergli chiesto aiuto nel seguire il ragazzo perchè il marito non può occuparsi della sfortunata famiglia, quando una sera sta male accetta l'intervento di Sperelli che porta la donna all'ospedale e, con un altro gesto per lui insolito, s'impone al personale per ottenere un'immediata sistemazione della donna. Proprio mentre Raffaele sembra aver cambiato comportamento e pericolose amicizie e mentre ormai i ragazzi gli si sono affezionati, ecco che Sperelli riceve la comunicazione del suo trasferimento al Nord. Tutta la classe, con la direttrice e i padroni di casa (un pò bizzarri, ma con lui sempre delicati e premurosi) è alla stazione a salutare il maestro che se ne va per sempre. E Sperelli, che giorno dopo giorno si è lasciato addolcire e incantare da un clima e da un calore umano senza paragoni possibili, legge commosso in treno il tema "su di una parabola evangelica" che Raffaele gli ha consegnato all'ultimo minuto. Il tema (a scelta e il ragazzo ha scelto quello sulla fine dei mondo) è bellissimo, la descrizione adeguatamente drammatica e sorridendo alla speranza, il piccolo napoletano conclude fiducioso: "io speriamo che me la cavo".
Note REVISIONE MINISTERO OTTOBRE 1992.
TITOLO INGLESE: ME, LET'S HOPE I MAKE IT.
Critica "Questo film lo si può volentieri collocare tra i migliori di Lina Wertmuller; sentimenti e freschezza di espressione. Non è mai facile dirigere e far recitare i bambini con naturalezza, evitando leziosaggini fastidiose. La trama è di per se fragile e si è addebitato al maestro trasferito dall'Italia del nord una lentezza eccessiva in quanto personaggio. Al contrario Paolo Villaggio lo ha compiutamente colto, lasciandosi catturare dalle voci pigolanti dei suoi allievi, comprendendoli nelle marachelle e furbizie, ma anche sapendoli capire nelle esperienze quotidiane e in quella espressione di dolore, che da secoli sedimenta perfino negli occhi dei bambini napoletani: per finire affascinato da bizzarrie e dolcezze, da melanconie e sorrisi nella confusione generale. Villaggio a tratti sognante, ma sempre partecipe, è stato delicato e bravissimo e gli allievi irresistibili. Il dialetto, con i suoi sapori, i suoi guizzi, il necessario e vivido miscuglio di allegria , di speranza e di scetticismo da sostanza e fa da mediatore e persuasore. Qua e la, probabilmente inevitabili, anche spunti e ritmi da sceneggiata (l'arresto da parte dei carabinieri di un ragazzo dei vicoli, con conseguenti clamori, lacrime e coralità del quartiere). Altrettanto inevitabile nello sfondo (ma pure in una miriade di echi e notazioni spicciole) la città ed il clima che si conoscono, senza per fortuna ricorrere a battibecchi e sfide Nord-Sud ultra acusate. Dalle labbra di alcuni bambini, per i quali la fanciullezza è stagione precoce e troppo presto finisce nel disincanto, fuoriesce qualche parolaccia". (Segnalazioni Cinematografiche).
"Irritante e folcloristica patacca alla vesuviana che Lina Wertmuller ha tratto dallo scaltro best seller di Marcello D'Orta, inventando la figura del maestro (là inesistente). Operazione quasi del tutto fallita, nonostante l'indubbia bravura di un Paolo Villaggio finalmente vedovo Fantozzi, perché il film sa più di sceneggiata che di commedia; e quei bambini evidentemente plagiati sono più insopportabili delle foche ammaestrate del circo". (Massimo Bertarelli, 'Il giornale', 6 settembre 2001)